Photo of J. Krishnamurti

LA PERSONA, KRISHNAMURTI, non è affatto importante. Ciò che conta è indagare, esaminare, osservare e pensare chiaramente, non cercare di capire chi vi parla ma comprendere insieme che cosa è accaduto all’umanità, che cosa sta accadendo nel mondo e la nostra relazione con esso.

SEMPRE DI PIÚ CI VIENE DETTO da altri che cosa pensare e cosa fare riguardo alla vita e al mondo intorno a noi. Krishnamurti risponde a questa tendenza dicendo che è invece essenziale scoprire per conto nostro. Rifiuta qualsiasi autorità che riguardi se stesso, guru, religione, psicologo, filosofo o politico, e sostiene che non ci sono né maestro né allievo. Suggerisce invece che siamo come due amici, magari seduti in un parco o che camminano lungo una stradina tranquilla, parlando di problemi seri della vita, in modo amichevole, franco e sereno.

Questo approccio diretto e semplice si rispecchia nel linguaggio usato da Krishnamurti che, pur parlando di questioni molto serie e profonde, usa parole di tutti i giorni, libere da qualsiasi gergo tecnico e retorica, per esplorare i temi universali che ci riguardano tutti, come la paura, la solitudine, l’educazione e la relazione. Il suo approccio potrebbe essere considerato un po’ rigoroso, ma egli parla con un senso di affetto genuino per l’umanità, sottolineato da un saggio umorismo

Non c’è maestro e non c’è insegnamento.

Potrebbe anche sembrare che gli insegnamenti di Krishnamurti siano intellettuali e che si debba fare uno sforzo per comprenderli in modo cognitivo perché, dopo tutto, è così che ci hanno insegnato, ad accumulare conoscenza ed esperienza.
Parlando con persone di ogni parte del mondo, Krishnamurti rifiuta le risposte intellettuali del pensiero e della memoria, cercando risposte genuine che approfondiscano l’indagine o che si incontrino con lui allo ‘stesso livello, con la stessa intensità, nello stesso momento’. Soltanto allora, dice, è possibile che ci sia un insight e una comprensione nuova. Naturalmente non è più possibile dialogare con Krishnamurti, perciò la nostra sfida oggi è di coinvolgerci a fondo in questo incontro quando leggiamo o seguiamo Krishnamurti in video, o quando ascoltiamo l’eccezionale quantità di lavori che ci ha lasciato, usando le sue parole e le nostre relazioni come uno specchio:

Egli agisce come uno specchio in cui potete osservarvi. Questo specchio non è un’autorità, non ha nessuna autorità, è soltanto uno specchio. E quando lo vedete chiaramente, comprendete quello che vedete nello specchio e poi gettatelo via, fatelo a pezzi.

Gli insegnamenti di Krishnamurti sono unici nel loro scopo, profondità e approccio. Dal momento che siamo subito pronti a creare idee e concetti, egli spesso rifiutò di definire o esporre in termini positivi i fondamenti della vita che esplorava così radicalmente, quali: libertà, compassione, amore, religione, creatività, per citarne solo alcuni, e preferiva indicarli in termini negativi:

In realtà, cos’è la religione? Per comprendere cosa sia la religione dobbiamo negare ciò che non lo è. E allora è. E lo stesso vale per l’amore. L’amore non è gelosia, ambizione o violenza; perciò quando negate tutto questo, c’è l’altro, che è compassione. Allo stesso modo, se negate ciò che non è religione, troverete cos’è la vera religione: qual è la vera mente religiosa.

Cos’è questa negazione centrale per gli insegnamenti di Krishnamurti? La si può definire senza trasformarla in un’idea o in qualcosa da praticare? Potrebbe essere semplice come vedere il falso in quanto falso e lasciarlo da parte.

Formiamo rapidamente immagini su noi stessi e sugli altri, il che significa che le nostre relazioni avvengono attraverso queste immagini.

Questo introduce la questione del vedere, guardare o osservare. É evidente che noi funzioniamo dal passato, in effetti siamo costituiti dal passato; e quindi, guardando il mondo, la vita o un problema, possiamo vedere in modo nuovo, libero dal passato, senza pensiero? Questo osservare senza l’osservatore, e accorgerci che l’osservatore è la cosa osservata, è fondamentale per la possibilità della trasformazione. In effetti, la divisione illusoria tra l’osservatore e l’osservato potrebbe essere la divisione e il conflitto che ci sono in noi stessi e nel mondo.

Quando comprendete veramente, non in modo verbale o intellettuale ma come una realtà, come qualcosa di vero, allora vedete che quando l’osservatore è la cosa osservata, tutto il conflitto finisce e perciò tutte le nostre relazioni subiscono una trasformazione radicale.

Ed è questa trasformazione che Krishnamurti vede come urgentemente necessaria in noi stessi e quindi nel mondo. Ovunque guardiamo, ci sono problemi di ogni genere. Lo stesso vale nelle nostre relazioni e nella nostra vita interiore. Krishnamurti mette in discussione la nostra tendenza a cercare di risolvere questi problemi attraverso il pensiero e il tempo.
Tempo e pensiero sono sinonimi per Krishnamurti, essendo il pensiero sempre del passato e quindi limitato. Il tempo è forse l’elemento più radicale nei suoi insegnamenti, contrariamente a quanto affermano le religioni principali, le tecniche e i sistemi che ammettono il tempo come mezzo di cambiamento: ‘Sono questo ma diventerò quello; il ‘ciò che è’ e il ‘ciò che dovrebbe essere’.
Krishnamurti sottolinea che:

Il cambiamento come lo conosciamo implica un movimento nel tempo, e questo movimento è come tagliare l’aria con una spada; non serve a nulla, produce soltanto un mucchio di attività. Ma quando capite l’intero processo, le implicazioni e il significato del cambiamento e perciò lo lasciate cadere, vedete che la mente è in uno stato di silenzio nel quale tutto il movimento del tempo cessa, e quel nuovo movimento di silenzio non è riconoscibile e perciò non può essere esperito. Un tale stato non richiede cambiamento, è in eterno movimento e quindi è oltre il tempo. E allora c’è un’azione corretta, vera, sempre e in ogni circostanza.

Dietro la domanda di Krishnamurti, mai lontano, c’è qualcosa di innominabile.

Nelle nostre relazioni, è possibile vedere l’altro senza il passato che esiste in noi in forma di immagini, e incontrare qualcuno in modo nuovo? Noi creiamo velocemente delle immagini di noi stessi e degli altri, e ciò significa che le nostre relazioni avvengono attraverso queste immagini. Possiamo pensare che questo ci dia sicurezza, o almeno una certa comodità ma, come sottolinea Krishnamurti:

Il pensiero costruisce moltissime immagini, sia dentro che fuori di noi, in tutte le nostre relazioni, e di conseguenza in queste relazioni c’è una divisione che inevitabilmente crea conflitto e separazione.

In definitiva, queste immagini che si manifestano nell’appartenere a un paese, una religione o un gruppo, causano i conflitti e le guerre che vediamo nel mondo.

Krishnamurti chiude spesso un discorso o una serie di discorsi toccando un aspetto della vita che spesso non vogliamo vedere: la morte. Ci parla dei nostri attaccamenti verso le persone, verso le cose o le idee, e vede la morte come una vera fine di tutto quello a cui siamo attaccati. Ma la morte è qualcosa che avviene alla fine della vita o fa parte della vita stessa?

La sfida di Krishnamurti è di finire ogni giorno, ogni momento, così da vivere con ‘quella cosa enorme chiamata morte’. Soltanto allora c’è un nuovo inizio:

La morte è la fine delle cose a cui siete attaccati: i vostri mobili, il vostro volto, i vostri ideali, tutto. Allora avrete portato questa cosa remota chiamata morte nell’azione immediata della vita, che significa la fine dei vostri attaccamenti. Così la vita significa un rinnovamento totale, un rinnovamento della mente che era stata impigliata nel passato. E allora la mente diventa straordinariamente viva, non vive più nel passato.

Dietro l’indagine di Krishnamurti, c’è qualcosa di innominabile, incommensurabile, qualcosa che non può essere conosciuto e perfino sperimentato. Questo stato senza tempo e senza scelta è qualcosa che Krishnamurti esita a elaborare, pur ammettendo che l’umanità ha sempre cercato qualcosa ‘oltre’. Questo ‘qualcosa’ è raggiungibile in qualche modo conosciuto? Krishnamurti dice di no:

Non c’è alcun sentiero che porti alla verità, nonostante tutte le filosofie; perché la realtà è l’inconoscibile, innominabile, impensabile. Solo la mentre giovane, fresca, innocente, può scoprire cosa è vero; ed è soltanto a una mente così, libera dal conosciuto, che l’innominabile, l’inconoscibile può manifestarsi.

FORSE, SE SEI FORTUNATO, la finestra si aprirà e le brezze entreranno. Potrebbero non farlo, dipende dallo stato della tua mente. Quello stato della mente può essere compreso solo da te stesso, osservandolo, senza mai cercare di modellarlo. Questo significa guardarlo senza alcuna scelta. Da questa consapevolezza senza scelta forse la porta si aprirà e tu saprai cos’è quella dimensione in cui non c’è conflitto, né tempo, qualcosa che non può mai essere espresso a parole.

Krishnamurti

Photo of J. Krishnamurti